Biografia

Nato a Napoli nel 1880, quarto di nove figli, Vincenzo Bruzzese si iscrive al Liceo Domenico Cirillo della sua città, riportando pessimi voti nellecanada goose jackets fur materie principali. All’età di diciotto anni la famiglia gli concede di iscriversi alla Scuola di preparazione del Reale Istituto di Belle Arti di Napoli. L’allievo era ammesso ai corsi biennali di pittura, sculturacanada goose dames e architettura dopo aver superato la Scuola di preparazione. Diverse opere di quel periodo sono tuttora conservate dai famigliari di Bruzzese, tra cui qualche gesso e alcuni tra dipinti e disegni. La particolarità di queste opere è che nessuna è firmata, secondo una pratica di devozione nei riguardi dei grandi maestri, usata dagli allievi delle Accademie d’Arte.

Nel 1902 Vincenzo Bruzzese sostiene l’esame di Abilitazione all’insegnamento del disegno nelle scuole tecniche e normali, come previsto dal Ministero, mentre l’anno successivo termina i corsi della Prima Sezione Pittura. Di questo periodo sono tre le opere recanti firma VB, i rotoli di disegni di nudo del periodo della scuola, di proprietà dellacanada goose jackets outlet famiglia Santucci-Bruzzese, e andati perduti in tempi recenti.

A partire dal 1902, e in concomitanza con l’ultimo anno di Pittura all’Istituto, Vincenzo Bruzzese segue un corso privato di Disegno Topografico con un docente dell’Università di Napoli, fino a metà del 1904. Le opere di questo periodo risentono fortemente dell’influenza dei suoi maestri dell’Istituto, tra cui Michele Tedesco, Alceste Campriani, Paolo Vetri, Michele Cammarano, Ignazio Perricci e Giuseppe Laezza. È questo un periodo importante nella vita dell’artista. Inizia infatti a frequentare l’ambiente artistico napoletano, collaborando con alcuni editori per i quali esegue illustrazioni di novelle o racconti per giornali. Secondo alcune ricostruzioni condotte dalla famiglia, probabilmente insegnò disegno nelle scuole canadagoosejassenonline.nl serali all’Istituto Casanova. Incontra lo scultore Gioacchino Varlese, proprietario di due fonderie a Napoli, con cui collabora frequentemente. L’amicizia con lo scultore Varlese è un evento importante nella vita professionale e privata di Bruzzese. Conosce infatti Anna Tesone, cognata dello stesso Varlese, la quale diventerà intorno al 1910 sua moglie. I due si trasferiscono a Milano prima delle nozze; nascerà in quel periodo Ezio, il primo dei quattro figli della coppia. La scelta di trasferirsi a Milano era dettata dalla volontà di vivere in una città industriale proiettata nel futuro. Nella città lombarda Bruzzese insegna disegno nelle scuole serali, lavora nell’ambito della pubblicità e disegna per la rivista Varietas, entrando in contatto con l’ambiente culturale e artistico milanese. Nonostante le svariate committenze artistiche Bruzzese inizia a lavorare saltuariamente alle Poste, coprendo i turni di notte. Un’esigenza, questa, dettata dal voler assicurare alla famiglia un discreto agio economico. Alcune delle opere del periodo milanese sono conservate dalla famiglia, ma non esiste tutt’oggi una reale tracciabilità di tutte le opere di Vincenzo Bruzzese. È certo che nel suo periodo di permanenza a Milano (1905-1910) vendette diversi dipinti, di cui però non tenne memoria.

Nel 1911 fa ritorno a Napoli, su insistenza dei suoi anziani genitori. Ma questa decisione porterà nella vita dell’artista una latente frustrazione, dovuta alla difficoltà di potersi esprimere artisticamente in un ambiente vissuto come non stimolante. Si dedica in questo periodo all’insegnamento del Disegno nelle scuole industriali e professionali, e alla pittura. Il periodo non è dei migliori, soprattutto a causa di qualche critica lanciata contro l’arte di Bruzzese da parte di Califano Mundo. Le accuse non sono leggere: Bruzzese viene definito «pittore delle marine terremotate». In realtà quelle marine, attualmente di proprietà della famiglia, erano per i tempi sin troppo moderne per poter essere comprese da una certa critica. L’amalgama tra il mondo napoletano e quello milanese, e la volontà di confutazione delle pesanti critiche sui suoi lavori portano ulteriori evoluzioni nello stile dell’artista. Resta sempre un figurativo realista, ma la pennellata è ora lineare, essenziale.

l 1921 è un anno importante per Bruzzese. A Roma partecipa all’ Esposizione Artistica Postelegrafonica. La sua opera intitolata Fiori è un gran successo, tanto è vero che esiste un carteggio in cui si comunica all’artista la volontà del Ministero delle Poste di acquistare proprio quel dipinto. I giornali iniziano a interessarsi ai suoi lavori e Bruzzese continua a partecipare con successo ad altre esposizioni, come nel caso delle mostre organizzate dalla Promotrice delle Belle Arti di Napoli. I successi, accertati anche dalla stampa specializzata, continuano fino al 1926. Nel frattempo, in pieno regime fascista, la carriera di Bruzzese subisce una battuta d’arresto dovuta al fatto che non prese mai la tessera del fascio, e nel suo piccolo condusse la sua battaglia culturale e politica.

Nel 1932 riprese l’attività espositiva, interrotta bruscamente l’anno successivo con la morte dell’amata moglie Anna. Ha inizio così un periodo di viaggi in cui spesso ritrae paesaggi liguri e toscani. La mancanza di sua moglie e la solitudine non sono facili da affrontare però. Le uniche gioie ora sono i suoi nipoti. L’anno del pensionamento, il 1945, lo vede tra i protagonisti di una mostra organizzata ancora dalla Promotrice delle Belle Arti. Una volta terminati i suoi impegni con le Poste, Bruzzese si poté dedicare a tempo pieno all’attività artistica.

Nella poetica pittorica di Bruzzese si riconosce la passione per i fiori e la nature morte. Assiduo frequentatore dell’Orto Botanico di Napoli, aveva l’abitudine di comprare quotidianamente al mercato diversi tipi di fiori da cui traeva ispirazione per le sue opere. La passione per la pittura gli consente di sperimentare. È la volta del dipinto monocromatico a olio su vetro, così come dipinge a mo’ di capriccio numerosi volti di donna su tavolette di piccolo formato (15×10 cm). Torna a dipingere paesaggi, questa volta senza viaggiare, affacciandosi semplicemente e guardando fuori dall’abitazione di via dei Miracoli. Terrazzi, giardini, scorci di palazzi venivano impressi su tela o cartoncino.

Gli ultimi anni della vita di Vincenzo Bruzzese, tra il 1950 e il 1952, sono caratterizzati dalle lunghe permanenze a Barano d’Ischia e dai frequenti incontri con i vecchi amici, pittori tedeschi. Fu un periodo florido per l’artista, il quale pareva essere tornato ai fasti di un tempo. Con tutta probabilità l’impiego statale presso le Poste aveva in qualche modo eretto un muro tra l’artista e l’uomo. Gli anni successivi al pensionamento sono invece caratterizzati dalla ripresa dell’attività pittorica.

La notte del 16 marzo del 1953 Vincenzino, come lo chiamavano gli amici, muore.

Alla famiglia resta il ricordo di quell’uomo schivo, colto e amante della ricerca pittorica che fece dell’arte la sua ragione di vita e di cui oggi rimangono quelle poche tracce, che tuttavia ci consentono di apprezzare pienamente il suo genio.